Corre l’anno 2019.
Lei ha 9 anni, gli occhi color foglie di leccio, i capelli biondi, lisci e sottili al vento.
Ama arrampicarsi sugli alberi e sentirsi libera di giocare con chi le pare e piace.
Lui anche ha 9 anni, gli occhi color del cielo, con la sua profondità, una voglia di vivere immensa ed un’energia che ogni tanto se lo porta via. Anche lui ama arrampicarsi sugli alberi, credo che lì trovi una concentrazione che porta un po’ di pace all’incessante moto interiore. Sulle chiome frondose può sentire il limite sano della paura di cadere, si può percepire.
É in terapia da anni per quella che è stata classificata iperattività. Ha imparato a chieder aiuto quando sente che non resiste più e ha imparato a fermarsi quando le emozioni lo sopraffanno, non sempre certo ma è sul percorso. In ogni caso ha imparato molte più cose di tanti adulti.
Sono due bimbi, che però già portano dentro i segni delle esperienze passate e, da subito, si piacciono, nel modo bello ed unico che hanno i bimbi di piacersi. All’inizio è tutto un chiacchierare e uno starsi vicino ma poi lei comincia a sentirsi spaventata.
Lui le sta troppo addosso, lei vorrebbe giocare con le altre bimbe e, tra l’altro, è già successo che bimbi con comportamenti eccentrici e particolari volessero le sue attenzioni, sino anche ad attaccarla quando non le ricevevano. Ora lei ha paura, non vuole che le cose si ripetano come già successo e non sa come farlo capire se non chiudendosi a riccio. Lei vuole poter dire “No! Io con te non ci voglio stare!” ed essere rispettata in questa scelta. D’altro canto è attratta dalla presenza del bimbo e vorrebbe potergli essere amica, senza sentirsi sopraffatta dalla sua presenza.
Il bimbo è scosso, sta vivendo la non accettazione, non facile da gestire. È una situazione che lo manda in collera, non sopporta di non essere accettato.
E poi ci siamo noi, gli educatori. Delle persone con tutti i meravigliosi limiti del caso, con i tanti momenti di confronto per capire come gestire la situazione, le decisioni prese insieme su come affrontare i momenti più difficili, la scelta del Maestro ed Amico, Riccardo, di raccontare al gruppo una storia che parla di un Drago ed una Fenice che arrivano ad incontrarsi e a volersi bene e del lago meraviglioso e profondo che nasce dal loro incontro.
Ci sono momenti di confronto con i genitori. Persone attente e premurose che ci danno fiducia e questo è tanto, tantissimo.
I primi tre giorni partono con parolacce, momenti di tensione forte, pianti e pugni dati per sfogarsi contro alberi e le mani di papà quando viene a riprendere il bimbo.
Non è semplice. Quanti adulti non accettano di non essere accettati?
D’altro canto non è facile far capire una cosa del genere senza ferire, senza creare muri invalicabili, non è facile per una bimba in questo sistema culturale poter dire “No”, senza sentirsi in colpa così come non è facule accettare di essere felici, già in questi bimbi noto una tendenza a drammatizzare, a ricercare la sofferenza forse perchè hanno già vissuto paura e rifiuto ed ora ReAgiscono, diffidenti e spaventati. Li capisco. Ed è tanta tenerezza quella che provo.
E poi arrivano anche loro, momenti di sconforto, momenti in cui sdraiata sul letto mi dico ”Io non so cosa fare, non credo di poter fare nulla…”
Partiamo da qui. Non so cosa fare, non sento di avere la lucidità per Agire, sono dinamiche in cui mi sono trovata nella vita, non sapere come mettere limiti a delle attenzioni, per il mio sentire, esagerate, così come non essere accettata… Sono dinamiche che ancora bruciano dentro a volte, non hanno trovato una loro risoluzione.
Però, una scelta ce l’ho: scegliere di essere, stare a contatto con me stessa, portare la mia presenza.
E così il quinto giorno mi dirigo verso il centro estivo con uno nuovo impeto, quello di essere, stare nei momenti, con il cuore aperto ad entrambi i vissuti che sono anche i Miei, i Nostri, sono vissuti collettivi di questa epoca e forse di molte altre.
Io non so bene come o cosa sia successo, sicuramente i momenti di dialogo, di confronto, la Storia del Drago e della Fenice, i cerchi sulle emozioni, gli sguardi fermi ma comprensivi hanno continuato a crescere come semini nella Terra.
Ma altrettanto sicuramente questo passo indietro ha lasciato il campo alla vita che molto spesso la sa più lunga di noi e l’ultimo giorno della settimana di campo, poco prima che finisca la giornata, mi giro e li vedo insieme, vicino all’altalena.
Mi avvicino, spettatrice del momento Unico che stanno vivendo.
Lui ha passato quasi l’intera mattinata lontano da lei, ha capito che non può costringerla ad essergli amica. Ora le chiede con gentilezza se può spingerla e lei dice di sì ma, con chiarezza, spiega che non vuole essere spinta troppo forte… Lui fa un po’ il pagliaccio, lei ride…
E finalmente vedo le sue espressioni riprendere colorito e tenerezza, in questo momento è finalmente libera dalla paura, lo può guardare per quello che è, un bimbo che vuole starle vicino.
E lui, dopo aver accettato di non poter essere suo amico con la forza, ha ricevuto un grande insegnamento, che il rispetto fa sentire l’altro libero, che non sarà mai con l’imposizione che potrà costringere qualcuno a volergli bene.
É un momento di una delicatezza profonda, commovente. É un lago, immenso.
Quando la mamma di lui arriva e ci vede così, chiede se abbiamo fatto una magia…
Qualcosa di molto più magico, abbiamo lasciato fare alla vita.
E a due bambini, Anime grandi, che tanto sanno insegnare se si ha il coraggio di mettersi alla loro Altezza.
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