La reificazione della natura ha portato l’uomo medio “occidentale” – termine inventato peraltro dagli occidentali – a categorizzarsi come un soggetto separato da essa, come se non ne facesse più parte. Questa divisione – accompagnata da una presunta superiorità gerarchica – ha portato l’uomo a voler dominare su tutto, utilizzando le tecniche del sapere scientifico proprio come un tempo faceva la magia nera: per il mero interesse personale e con violenza rispetto alla volontà degli altri esseri. Basta guardare i nuovi lager in cui sono rinchiusi gli animali o come sono tenuti i bambini e gli insegnanti in un’aula – vittime anche loro di questa struttura educativa anacronistica e assurda -; basta anche abitare in una grande città per intuire il grado di follia in cui ci siamo ridotti a sopravvivere.
Questa divisione del mondo tecnocratica ed incentrata sulla sopraffazione e sulla competizione ha portato alla formulazione della maggior parte dei modelli educativi che sono stati poi adottati dall’apparato statale – che invece di stato “comunità”, ha assunto sempre più il modello di stato “persona”– tradendo quello che è anche il dettato costituzionale il cui fine è appunto “il pieno sviluppo della persona umana”(Art 3). Si parte proprio da lì – o per lo meno, lo si potrebbe tentare – per pensare una nuova umanità che possa uscire dall’ipnosi collettiva generata da un neoliberismo che vede ed impone come unico fine dell’uomo il suo utile – peraltro “economico – senza guardare in faccia a nessuno: bambini compresi. Se non cambiano gli educatori, non cambiano nemmeno educazione ed educati; se il fine dell’educazione è il mero dare istruzioni – spesso indigeste e inutili, anche per il tornaconto economico – per poi trovare un lavoro in un mercato concorrenziale, allora siamo sulla strada giusta – anzi, sarebbe anche più comodo ed efficiente rimanere a casa e bombardarsi di video su youtube e università online, in quarantena per sempre -.
La natura è inutile: perché non rendere inutile anche il contatto umano? Se invece il fine dell’uomo è quello di comprendere che cosa l’uomo stesso è – Aristotele lo definiva un “animale”, razionale e sociale che ha come impulso il conoscere il mondo e sé stesso– allora abbiamo sbagliato veramente tutto. E quando si sbaglia tutto, non è un male una confessione dei propri “peccati”, funzionale ad una eventuale conversione: come si cambia rotta, sennò? Avete un’altra soluzione, voi fautori di una laicità razionale? L’unica altro metodo sarebbe quello di continuare per inerzia fino a che non ci spazzerà via il vento. Se abbiamo ancora qualche dubbio, basta guardare come abbiamo ridotto il mondo o, entrare a farsi un giro in una scuola o in un allevamento intensivo. P.S. Voltarsi dall’altra parte non vale.
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